LA DOLCE ATTESA


Le pigre mattinate di Celeste si risolvevano alle undici suonate. Una doccia, i soliti jeans infilati saltellando su un piede e sull'altro, il fermacapelli piazzato in testa senza dare neanche un'occhiata allo specchio, poi via, diretta al lavoro. Non c'era motivo di perdere tempo ad acconciare i capelli, la sua riccia chioma aveva un parrucchiere d'eccezione: il venticello salmastro che soffiava notte e dì sull'isola. D'altro canto, specialmente in quel periodo dell'anno, nessuno degli avventori della locanda dove lavorava come cameriera avrebbe notato che era spettinata. Meno di tutti l'avrebbe notato Sergio, proprietario e cuoco del “Lupo di mare”. L'uomo aveva più l'aspetto di un pirata in pensione che di uno chef e non era affatto interessato a dare lezioni di stile alla sua unica dipendente, una trentenne timida e dai modi gentili, anche se alquanto stralunata.

Ogni mattina, appena metteva il naso fuori dalla porta, Celeste assumeva un'espressione a metà tra il sorriso e il saluto accennato, sapeva già quante e quali persone avrebbe incontrato sul suo percorso. Sull'isola si conoscevano tutti. E come si può non conoscere tutti, quando il mare mette una distanza mobile e ondosa tra il posto in cui vivi e il resto del mondo? Quando ci si incrocia per strada non serve un saluto vero e proprio, basta un cenno, o un grugnito per chi preferisce, tanto cinque minuti dopo ci si rivede all'emporio, al baretto o sulla banchina. Quella mattina, però, non incontrò nessuno, neanche una delle vecchine incurvate che si ostinavano a trasportare su per il borgo borse della spesa pesantissime, in barba alle leggi di gravità. Le bastò scendere il primo gradino delle scale arrampicate in mezzo al paese per accorgersi che c'era qualcosa di strano nell'aria. 

Erano tutti di fronte al “Lupo di mare”, voci concitate risuonavano per il porticciolo, erano presenti anche il Sindaco e il Parroco. In mezzo ai due spuntò l'inconfondibile casacca nero sbiadito di Sergio. L'imponenza della pancia del cuoco-pirata, contenuta a stento da bottoni e asole tesi fino al limite della sopportazione, li costrinse a fargli largo. “Presto Celeste vieni!” la esortò l'uomo. “Che è successo?” domandò lei smarrita. “Possibile, benedetta figliola, che tu viva sempre tra le nuvole? Quando dormi non ti svegliano neanche le cannonate!”

Illustrazione di Mario Caluri

Sergio aveva solcato gli oceani su navi mercantili e da crociera, fino a che, racimolato un gruzzoletto, aveva aperto la sua locanda nell'isola in cui era nato. Sotto all'insegna aveva appeso con orgoglio il cartello: “APERTO TUTTO L'ANNO”. Era certo un vanto da quelle parti “mantenere il punto”, come diceva lui, per dodici mesi. Durante l'inverno l'isola si svuotava, non c'erano turisti e la maggior parte delle attività commerciali chiudeva. Il motto di Sergio era: “Fosse anche per quattro gatti, io resto aperto!” I gatti lo prendevano in parola e si affacciavano spesso nella veranda per chiedere la loro razione. Il silenzio regnava tra i tavoli, fatta eccezione per qualche miagolio e per le chiacchiere dei pescatori che si sedevano a bere un goccetto.

Celeste si annoiava. Accarezzava i gatti, spazzava per terra e poi tirava fuori il telefono dalla tasca dei jeans per guardare i social network. Con quel gesto apriva un oblò sul mondo, un mondo vicino, ma nel contempo distante da lei. Vedeva le foto dei compagni dei tempi della scuola, quasi tutti avevano mollato gli ormeggi e si erano trasferiti in terraferma. Un veloce movimento del pollice ed ecco scorrere i selfie delle amiche d'infanzia, nessuna aveva i capelli arruffati. Celeste le trovava eleganti e perfette e non considerava che certi ritocchi alle foto sarebbero riusciti a rendere avvenente anche Sergio. Immaginava le amiche intente a brindare in locali alla moda, a sorridere in salotti ben arredati mentre tempestavano di amorevoli clic i loro bambini. Le pareva che avessero vite piene e brillanti.

Abbandonare l'isola era diventata una consuetudine per i giovani, desiderosi di andare dove l'economia gira e accadono le cose. Celeste aveva fatto una scelta controcorrente, era rimasta. Amava l'isola e la sua lenta routine, scandita dal movimento incessante della risacca, si sarebbe sentita un pesce fuor d'acqua lontano da lì, ma ogni volta che riponeva il telefono nella tasca dei jeans, dopo aver sbirciato le vite di altre donne, sentiva affiorare una certa amarezza. Le pareva di stare seduta in un'anticamera con i muri trasparenti, al di là dei quali vedeva gli altri tutti presi dalle loro esistenze, mentre lei se ne stava ferma, in attesa. Allora per i suoi occhi non era possibile trovare via di fuga alcuna, neanche guardando il mare, la linea dell'orizzonte diventava il netto confine della sua prigione e non più il rassicurante abbraccio della natura.

Sergio indicò a Celeste uno specchio d'acqua all'estremità opposta del porticciolo: era delimitato da boe e alcuni uomini in divisa a bordo di gommoni controllavano la zona. Improvvisamente dalla porzione di mare sorvegliata partì uno sbuffo d'acqua potente, una specie di geyser seguito dall'affiorare di una sagoma imponente e argentea.“Una balena!” esclamò Celeste. “Bella scoperta! - ribattè Sergio - “E' un bestione di 16 metri! Hanno provato a riaccompagnarla in mare aperto, ma lei vuol stare qui. Sono state avvisate le autorità nazionali, sono in arrivo esperti famosi e squadre speciali. Basta tergiversare, la gente vorrà mangiare, andiamo alla locanda!”

Mentre Sergio valutava quanto cibo preparare, Celeste era sbalordita e insieme angosciata per quella maestosa presenza nella baia. La balena era in pericolo? Sarebbero riusciti ad aiutarla?

Gli interrogativi di Celeste si placarono al calar del sole, quando al “Lupo di mare” arrivò il primo team di esperti nel salvataggio dei cetacei. Avevano i capelli bagnati e gli sguardi arrossati di chi aveva trascorso molte ore in immersione ed erano decisamente affamati, per la gioia di Sergio.  Spiegarono che la balena godeva di ottima salute e che si era spinta così vicina alla costa per un lieto evento: voleva partorire protetta dalle insenature dell'isola.

Quella sera il turno di Celeste finì tardi, ma la mattina seguente di buonora era già pronta per uscire, voleva vedere la balena, chissà se il piccolo era nato! Trovò l'intera isola in piena attività, al baretto c'era la coda per prendere il caffè e la banchina era congestionata da un traffico di persone e mezzi che non si era mai visto, nemmeno a Ferragosto.

Illustrazione di Mario Caluri

Alcuni giornalisti e cameramen si dirigevano compatti come un banco di sardine verso il Sindaco, il  quale era così emozionato, che riuscì a dire solo un paio di frasi sconnesse. Non aveva mai parlato in televisione, al massimo era rimasto nel filmino del Presepe vivente mentre ringraziava i partecipanti. Sergio, invece, si mise a rilasciare lunghe interviste. Della dolce attesa della balena non sapeva dir molto, ma non gli mancavano né la parlantina né affascinanti storie di mare da raccontare.

Gli inviati erano lì per sapere gli ultimi sviluppi, pronti a trasmettere per primi le immagini del balenottero, ma la balena si concedeva poco alle telecamere. Se ne stava sottacqua, incurante del grande interesse generato. Al contrario della balena, l'isola si mostrava senza riserve agli onori della cronaca, ripresa da tutte le angolazioni in tutto il suo splendore.

Le presenze sull'isola erano in costante aumento, agli addetti ai lavori e ai giornalisti, si aggiunsero scolaresche, caterve di turisti e curiosi. Ogni tanto la balena faceva il suo caratteristico “soffio”, ma era raro vederla. Ai visitatori bastava poter dire di essere stati lì e portarsi a casa un selfie con il mare alle spalle. Il tabaccaio fiutò il business e, scopiazzando dal Piccolo Principe il disegno del boa che digerisce l'elefante, fece stampare su magliette e magneti un logo che raffigurava la balena con il balenottero nella pancia.

La locanda era sempre al completo. Celeste conobbe un sacco di gente, fu costretta a superare la timidezza e la sua ritrosia. Era molto impegnata e guardava poco il telefono, quando lo faceva lo trovava intasato da messaggi di amici e conoscenti che le chiedevano novità sul  mammifero.

Dopo due mesi la balena non aveva ancora partorito, la sua straordinaria presenza era diventata  parte integrante dell'isola, come anche quel cancan di persone e media. Agli abitanti dell'isola pareva di stare al centro mondo.

Quando la luna era alta e in giro non c'era quasi nessuno, Celeste guardava la baia dalla finestrella di camera sua, da lassù con pazienza e speranza seguiva la dolce attesa della balena. Una notte si appisolò sulla sedia e quando riaprì gli occhi vide sollevarsi, tra i bagliori dei fari e le increspature del mare, la grande coda della balena, subito dietro fece capolino una piccola coda. Le due sagome si diressero oltre la barriera del porticciolo, accompagnate da alcune barche che suonavano la sirena a festa. Che felicità! Celeste, commossa, vide sparire mamma e figlioletto nelle oscure profondità marine.

La mattina successiva gli abitanti dell'isola erano contenti per il lieto evento, ma anche increduli: balena e balenottero se ne erano andati, lasciando un grande vuoto. Erano scossi anche quelli che consideravano la balena responsabile di aver sovvertito la tranquillità del posto. L'isolamento forgia caratteri ruvidi e poco inclini alla socievolezza, ma la balena aveva fatto breccia nei cuori di tutti. Erano state risvegliate energie e speranze collettive, ora era necessario alimentare da soli l'entusiasmo e il fermento che la balena aveva impresso all'isola.

Anche la vita della nostra stralunata cameriera non fu più la stessa. La dolce attesa della balena le aveva fatto capire quanto fosse stata fortunata a non aver lasciato l'isola, un luogo magico in cui accadevano cose meravigliose, un luogo che avrebbe scelto altre mille volte. Era giunto per lei il momento di tuffarsi davvero nella vita e poteva farlo partendo da una grande certezza: l'isola era il centro del mondo, il suo mondo.

Celeste si chiedeva spesso dove fosse mamma balena, la immaginava a zonzo per i mari con il suo piccolino, serena e forse inconsapevole dei preziosi doni che aveva fatto all'isola e a tutti quelli che si erano appassionati alla sua storia.

di Serena Caluri


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LA DONNA CHE VISSE NELLE CITTÀ DI MARE